martedì 5 luglio 2016

Andalusia unplugged parte 1/3: Cordoba e Granada

E alla fine ci sono andata, in Andalusia.

Quanti anni sono passati da quando ho iniziato a dire cidevoandarecidevoandarecidevoandare. Ma ho sempre aspettato la primavera (perché in estate fa troppo caldo, ovviamente) e di primavere ne sono passate.

Alla fine ci sono andata. A metà giugno. Non più primavera, ma verano verano da Paulina Rubio e socios.

Non mi sono portata dietro il pc, quindi ho un resoconto un po' svalvolato, che sto cercando di mettere insieme dopo una giornata, a dire il vero, pessima.

Ma se non oggi, mai, perché ho già rimandato abbastanza.

Allora, diciamo che di highlights ce ne sono stati una marea, delusioni pochissime, novità parecchie.

Tra le novità, per la prima volta posso affermare -- secoli dopo che il resto del mondo lo ha già fatto, of course -- di aver provato BlaBlaCar. E grazie a BlaBlaCar ho risparmiato un bel po' di eurini tra una città e l'altra.

Il giro: Sevilla-Cordoba-Granada-Ronda-Cadiz-Sevilla:


Come le ho scelte? A caso, principalmente, basandomi sulle reminiscenze scolastiche e sulla mappa illustrata dell'Andalusia che ha sormontato la porta di camera per anni, per poi essere sostituita da un poster del Senegal (?) e sparire per sempre.

Che dire di ognuna?

Intanto, nonostante sia atterrata a Siviglia, Siviglia l'ho fatta per ultima.

Ho iniziato con Cordoba, che sinceramente non mi ispirava per niente. Sì, va bene, c'è una moschea che in realtà è una cattedrale cristiana, e allora? E allora zitta, perché Cordoba mi è piaciuta tantissimo. Oserei dire che tra tutte le città che ho visto, è quella che mi è sembrata più "andalusa". Vicoletti bianchi, patii nascosti, mosaici e azulejos dappertutto, e la tortilla più buona di tutta la Spagna.

E la Mezquita? E la Mezquita, sti cazzi. E' che nei libri di scuola c'è sempre quella foto del cavolo con le arcate bianche e rosse e uno dice, bah, sai che roba. Poi però ci entri e madonna. Come introduzione a un'architettura (quella musulmana) della quale non sapevo niente di niente, Cordoba è fantastica.

Che altro ho adorato di Cordoba?
Il Guadalquivir. Che mi fa un po' ridere, perché sto fiume salta fuori in tutte le canzoni di flamenco (sospetto perché suona da dio... guadalkiviir), e un motivo ci sarà.

Il ponte romano che attraversa il G-vir è una gioia da percorrere, con tutto sto frondume (frondume?) che sorge sul letto del fiume, popolato da tante, tantissime, specie di uccelli e altre creature meno alate.

La highlight di Cordoba -- ex aequo con la Mezquita e la tortilla consumata sul muro che la circonda -- è stata un'esperienza che se potessi rifarei una volta alla settimana.

Ora, io non sono mai stata tipa da spa. Ok, la spa della Lush, che un po' considero ancora lavoro. E comunque, è una spa diversa. Dico le spa quelle normali, con la sauna che mi fa star male, il bagno turco non ne parliamo, e le coppiette che ti danno l'idea che si fanno le sopracciglia con le pinzette a vicenda.

Ecco, considerando le poche ma terribili esperienze già avute, con che coraggio vado io a infiltrarmi in un hammam?

E invece.

Se ci fosse un'espressione diametralmente contraria a "non l'avessi mai fatto", sarebbe quella che scriverei a caratteri cubitali nel mio diario di viaggio sotto la voce Cordoba.

L'hammam Al-Andalus è uno dei due posti più fighi che ho visitato in Andalusia (l'altro, diciamolo subito, è l'Alhambra). Non servita e riverita come nelle spa all'americana, ma lasciata per i cavoli miei, con a disposizione tre vasche di acqua tiepida, calda e fredda, infinite tazze di dolcissimo té alla menta e un massaggio di trenta minuti al profumo di ambra rossa.

A Cordoba ci sono stata solo un giorno e una sera, ma mi sono bastati. Ho fatto tutto quello che volevo fare: assistito a una performance di musica e danza araba nei giardini botanici, passeggiato lungo il Guadalquiviiiiir, visitato la Mezquita senza pagare alle otto del mattino, visitato l'Alcazar (che non vale la pena, se non per i giardini... ma neanche poi così tanto), provato duecento costumi in un subnegozio della Decathlon e fatto sguazzato per un'ora e mezza nella vasca di acqua temblada dell'hammam. Mangiato tortilla, comprato nacchere, e visitato i Baños Árabes sotterranei.

Next.

Granada.

Ah, Granada. Sono un po' incerta sull'esperienza granadina, a dire la verità. Togliendo l'Alhambra, della quale parlerò tra poco, sono rimasta un po' confusa da una città che mi aspettavo diversa. Più come Cordoba, meno come... come una grande città turistica. Grande, ma non enorme, e un po' difficile da inquadrare.

Ho gironzolato nell'Albayzin, da tutti decantato come il quartiere più bello della città, un portale di cultura araba indimenticabile. E, sì, ammetto di aver pensato "siamo sicuri di essere in Spagna?" in una via dell'Albayzin piena piena piena di bazaar arabi. Ma si è trattato di una via soltanto, in realtà.

Io che l'Albayzin l'ho scalato tutto, facendo avanti e indietro anche un paio di volte, ci sono rimasta un po' così. Se non altro, da lì si gode una vista dell'Alhambra che madre de dios.

E, allora, parliamo di questa Alhambra.

Una marea di gente che neanche Disneyland. Ma non così grande. Sei lasciato libero di fare quello che ti pare, purché in certi palazzi ci entri solo una volta (e si capisce perché, uno è tentato di entrare e uscire, rientrare per fare altre foto, etc.) e rispetti l'orario di ingresso ai Palazzi Nazarì.

Per il resto, è difficile descrivere l'Alhambra. Proprio proprio a volermi sforzare, lo definirei il sogno di uno scrittore inglese romantico di inizio ottocento. La cosa più vicina a Xanadu che mi venga in mente, ma con un'ostentazione mai, mai, kitsch. Esplosioni floreali, fontane disegnate col righello, e decorazioni murali diverse le une dalle altre.

Seriamente, ho fatto un book fotografico di autoscatti con la mia faccia su tutti i muri dell'Alhambra. Non ce n'è uno che si ripete.

Ma tutto di buon gusto. Non c'è un dettaglio che non mi sia piaciuto dell'Alhambra, ma capisco che alcune persone possano trovarla "un po' troppo troppo". Io no, e non mi piace il kitsch (eppure, vivo in Inghilterra. Sorvoliamo).

Se uno si prende il suo tempo, non dimentica di idratarsi (non ho ancora menzionato le temperature dell'Andalusia a giugno e non cadrò in tentazione. Insomma, ribadire che in Andalusia a giugno fa un caldo porco mi sembra un po' come convincervi che in Inghilterra c'è la pioggia, la nebbia, e una marea di partiti che hanno magicamente perso il loro leader dopo l'uscita dell'Unione Europea), e magari si mette anche a prendere il sole per un'oretta su uno dei tanti muretti o panchine nelle zone verdi dell'Alhambra, la visita perde tutto lo stress che ci si poteva aspettare e si può arrivare perfino a pensare "questa sì che è vita".

Highlights di Granada: oops I did it again. No, sul serio. Ci sono andata davvero di nuovo, ai bagni arabi. Quando ho scoperto che anche a Granada c'era un Al-Andalus mi sono fiondata in tempo per l'ultimissimo spazio disponibile, alle dieci di sera.

E che figata. Ancora più bello e grande di quello di Cordoba, con le decorazioni di gesso uguali uguali a quelle dei palazzi nazarì dell'Alhambra. Un posto incantevole, dove, tra l'altro, ho avuta una bella illuminazione sul romanzo che non deve essere nominato.

L'altra highlight di Granada è stato il cibo. Ora, andare a cercare ristoranti italiani in Spagna è un po' da deficienti, ma a) mi sono un po' cascati addosso e b) adesso vivo in Inghilterra, ogni scusa è più che buona per mangiare decentemente. Quindi, sì, ammetto che le highlight sono state i cannelloni ricotta e spinaci del delicatessen (ovvero gastronomia con un tavolino) Cacho y Pepe, e gli gnocchi agli spinaci di Viva Maria!. Non a caso tra i primi ristoranti consigliati sul Tripadvisor di Granada.

Cosa mi ha deluso di Granada? L'ostello. Insomma, ok che gli spagnoli voglia di lavorare non proprio, ma se proprio decidi che la reception dell'ostello chiude alle nove di sera, una telefonata fammela. Non lasciarmi fuori dal portone a farmi domande sulla mia esistenza, ma soprattutto, su come si apre il suddetto portone. (Alla fine sono stata salvata dal vicino di casa, un giovanotto con l'iPhone, la bicicletta col telaio -- sospetto -- di carbonio, e, more importantly, il numero di telefono della proprietaria dell'ostello.)

Ok, per ora mi fermo. La prossima puntata vedrà protagoniste Ronda e Cadice, e forse pure Siviglia, va'.

Guadalquiviiiiiiiiiiiiir a tutti quanti.

lunedì 2 maggio 2016

Cose che ho imparato in giro per l'Italia

Ad Aprile 2016, ho compiuto 26 anni. E come a ogni compleanno, mi sono fatta diversi regali. Uno di questi è stato viaggiare in giro per l'Italia, vedere luoghi che non avevo mai visto o persone che non vedevo da tanto.

Parlando del mio imminente tour in solitaria, la moglie di un mio ex professore mi ha fatto notare -- in un tono che tuttora non riesco a definire se sarcastico o fattuale -- che ogni volta che torno in Italia mi comporto da turista. 

Ora, la parola turista ha sempre fatto raccapricciare chiunque si autoproclami un [lo sto per dire] viaggiatore [l'ho detto] ma sorvoliamo sulle technicalities e concentriamoci su quello che Mrs Z voleva dire.

Che l'Italia non è più casa mia, ma un parco giochi che visito quando il generale grigiume e la riservatezza anglosassoni hanno riempito il serbatoio?

Non scherziamo, l'Italia sarà sempre casa mia. Non la Brianza. Non Seveso, né Milano. Non Alessandria della Rocca né l'idealizzazione della Sicilia, l'amara terra della mia famiglia. L'Italia è casa mia. Anzi, meglio ancora. 

L'italiano è casa mia.

Se mi sento a casa quando, alla fine delle solite dodici ore di odissea tra Norwich e Seveso, metto piede in bagno e il profumo di pulito mi fa venire le lacrime agli occhi? Sì. (Non ditelo alla Tanina, né ai redattori pubblicitari della Mastro Lindo.)

Ma mi sento a casa anche quando finisco per noia o per abitudine sul sito di Repubblica o della diretta di Sky tg24. O quando riprendo in mano Il bar sotto il mare, che uso per l'insegnare l'italiano alla mia allieva polacca Julia.

O quando rileggo le cose che scrivo io stessa, e cambio i congiuntivi in indicativi o viceversa sei o sette volte, rimpiangendo di non essere stata più attenta durante le lezioni di grammatica di prima media.

Pensare, parlare e vedere una pletora di serie tv in inglese, non aiuta. Sono in sospeso tra due case, tra due nazioni, tra due lingue.

Ammetto di essere stata tentata. Voglio dire, frequenti la UEA e non ti fai due domande sul corso di Creative Writing più figo che esista al mondo? Me ne sono fatta anche più di due. Ma come la UEA è resistita a me (= non hanno dato corda alle mie aspirazioni nabokoviane), io non ho ceduto alla tentazione di provarle tutte per dimostrare che scrivere in una seconda lingua è possibile.

La verità è che non lo so se è possibile. Ma, finora, ho scelto sempre l'Italia e l'italiano.

E quando torno a casa, mi piace farmi un giro. Preferibilmente con gli amici.






 



[Ma l'articolo su Napoli e Pompei non lo vogliamo fare??] [No, la risposta è no.]







mercoledì 16 marzo 2016

Un giorno a Kingston Lush Spa!

Trasferta di lavoro alla Spa di Kingston-Upon-Thames, una cittadina posh alle porte di Londra (venendo da sud, però) che si gira in minuti dieci a dire tanto.

Io e Sophie, mi colega, ci siamo fatte due ore di treno più un'ora di mezzi pubblici per arrivare alla spa... due ore in anticipo. Da pozzi senza fondo quali siamo -- soprattutto se io e Sophie andiamo in giro insieme -- ci siamo fiondate alla pizzeria a pochi passi dalla stazione.

Pizza italiana doc a parte, Kingston non ha moltissimo da offrire, ma in una giornata bella come quella di oggi anche Gratosoglio sul Naviglio ha un certo nonsoché di borgo medievale affacciato sul mare del Salento.

Monumento di incerta funzione al centro della piazza:


Con fiera vintage a piano terra e spaccio di stoffe al superiore:



E sala da tè...


Angoli di Kingston:







Bellezze in attesa di un trattamento (di massaggi si parla, eh, non di terapie anticellulite), affacciate su un Tamigi...


...affollato dai cigni! (Eleganti sono eleganti... ma che bordello che fanno i cigni! Se la menano perché appartengono ufficialmente alla regina Elisabetta... e non scherzo, eh, li conta tutti e li pesa pure)


Alle ore 14 io e Sophie entriamo ognuna nelle nostre rispettive sale di annullamento esistenziale, Sophie per un Synaesthesia e io per un Good Hour.



Sì, il Good Hour già l'avevo fatto a Edimburgo, ma a) a Edimburgo avevo la febbre e non respiravo, e per tutta la durata del massaggio non vedevo l'ora che finisse e b) la tizia che doveva farmi il Comforter alla spa di Kingston è al momento in malattia.

Alla fine mi è andata bene di brutto, perché la masseuse Chloe ha trovato, pinchato, e sciolto nodi che dieci anni (DIECI ANNI?) di chitarra hanno lasciato dietro di sé come briciole di Anselmo e Greta.

Che poi, che volete che vi dica, il Good Hour è tutto a tema mare e pirati. C'è bisogno di aggiungere altro?