martedì 30 settembre 2014

Rosario amore mio

Arriviamo a domenica 29/09. Il giorno designato per lasciare Baires e spostarmi a Rosario per qualche giorno. In mattinata passo per fare un giro nell’Avenida de Mayo, dove si stava – che casualità – svolgendo una festa cilena enorme. Bancarelle di cibo a non finire, e uno spettacolo di balli tradizionali.

Torno a casuccia, e mi faccio una siesta perché alla fine la notte passata non avevo dormito quasi niente, e alle 5 passano a prendermi i miei parenti di Rosario che si sono sparati quattro ore di macchina solo per venire a prendere la hermosa me.
Parenti che non ho mai visto in vita mia. 

Si presentano María, 69 anni sulla carta, 18 nella vita reale. Come tutte le Rizzolo (anche se María è di seconda generazione, quindi nipote della nonna Angela), il Signore l’ha fatta bassa e pericolosa;

e Fernando, 35, un enorme ex giocatore di rugby che potrebbe sollevarmi con un dito dei piedi.

Durante il viaggio di tre ore e mezza vengo a sapere tutto della vita di María, di Fernando e Fernanda (moglie di Fernando), di María Inés (figlia di María, sorella di Fer) e non solo, ma di tutti i parenti di Rosario, e anche di quelli che proprio parenti non mi vengono.

Arrivati a Rosario, tempo di una doccia veloce, e mi portano al ristorante che dà sul fiume, uno spettacolo, dove mi fanno mangiare carne a non finire. (E non è che mi possa lamentare!)


Dopo il ristorante, mi fanno addirittura fare Rosario by night in macchina, parlandomi della storia di tutte le strade (TUT-TE) e di tutti i monumenti e musei (TUT-TI) della città. E Rosario non è piccola, sono più di un milione di abitanti…

Ora, la vergogna qui si fa sentire, perché non credo proprio che sarei in grado di fare la stessa cosa per nessuna delle città alle quali sono vicina, né Seveso, né Milano, né Alessandria della Rocca. Sono allucinata da quanto senso civico e dello Stato abbiano gli argentini.

Non è un caso che a Rosario, la città in cui è stata disegnata e presentata per la prima volta la bandiera argentina, un intero monumento sia stato dedicato all’evento:





Alla fine sono andata a letto, tra una cosa e l’altra, alle ore mille. 

Il giorno dopo, lunedì 29/09, per prima cosa siamo andati alla stazione degli autobus a prendere un biglietto per Córdoba, dove partirò per Mendoza e successivamente per Santiago in un tour de force di 26 ore praticamente filate su strada. 

Ecco la stazione: 



Dopodiché un lungo giro in centro, di nuovo al monumento:



...e a vedere il fiume, il Paraná, che a Buenos Aires diventa Rio de la Plata, che sembra contaminato, ma in realtà è di quel colore perché il fondo è terroso, fangoso (un po' come il Rio delle Amazzoni, immagino):


Poi un salto in chiesa perché non sia mai che si venga a sapere che la zia María non porta le nipoti in chiesa:



Passa a salutare la zia María, il caro buon Nicolás (foto più avanti), un tesoro di cugino di 31 anni col quale siamo diventati amicissimi in tempo zero. Di nuovo il fato ha colpito ancora e alla grande: dai commenti acidi della zia María, scopro che Nicolás non la va a trovare da più di un anno, SICCHÉ...

Passano poi a prendere un caffè e poi a fermarsi per cena dei nipoti della zia, Pablo e Agustín, con la loro mamma Ana:


Pablo (23) è un po' strano, è fissato con la lingua cinese e si sta laureando in contabilità - combinazione esplosiva, direi - ma è un pezzo di pane: oggi (si veda martedì 30/09) mi ha portato di sua iniziativa a vedere la facoltà di lettere dell'Univerità di Rosario); Agustín (21) invece è ingegnere alimentare e anche lui mi è sembrato un bravo ragazzo, anche se non abbiamo avuto modo di parlare granché.


Mentre Pablo e Agustín non mi vengono parenti, Gisela (a sinistra) sì: con lei, la piccolissima Agustina, e suo marito Mirko.

Oggi (martedì 30/09) la zia si è impuntata per portarmi alla Florida (Flo-rì-da, il balneario dove la gente va a prendere il mate o a fare il bagno in estate) per fare una foto col mate e la spiaggia del fiume. La foto non si sa come è sparita, e le due ore totali di autobus non è che siano valse la pena. Di pomeriggio invece Pablo mi ha accompagnato in giro per vedere l'università e per comprare degli alfajores per tutta la famiglia, insomma, per ringraziarli.

La sera abbiamo fatto l'asado - ovvero la grigliata tipica - con Fernando e Fernanda, Nicolás, Pablo, Gisela, Mirko e i due bimbi (Agustina e Luca, che nella foto precedente giaceva beatamente addormentato dietro di noi sul divano).

Qui sbuca anche il buon Nicolás, che avrei voluto infilare nella valigia per portarlo a fare un tour d'Italia in autostop:




Fernando e Fernanda sono stati così imbarazzantemente carini da regalarmi perfino due cd, uno di Bajo Fondo (un gruppo di tango fusion) e uno di Soda Estéreo, band rivale dei Redonditos de Ricota, dei quali sono entrambi fanatici. E Gisela invece mi ha regalato un portafogli (rosa perla, ma suvvia, è il pensiero!). María invece una scatola di cioccolatini, un mate (recipiente tipico dal quale si beve il mate) e due bombillas (cannucce per bere il mate).

Una serata magnifica, sono davvero contenta di aver conosciuto i famosi "parenti dell'Argentina", di aver visitato Rosario (che, a essere sinceri, non è affatto male), e di aver aperto anche la possibilità del dottorato qui in Argentina, che offre almeno la possibilità di istruzione semigratuita (gratuita per gli autoctoni, a tassazione simbolica per gli stranieri).

Le prossima novità arriveranno da Santiago, non posso credere di essere arrivata a più di un terzo di questo viaggio. Una cosa è certa, dovessi perdere il volo Alitalia per tornare indietro... 


non è che morirei di dispiacere...

SECONDO TEMPO

Ma la giornata di venerdì 26/09 non terminò con il brillante spettacolo dei latinbiiitols al planetario, no, no, c'è di più.

Un evento del festival letterario aveva attirato la mia attenzione. Se fai un Master in traduzione alla UEA e ti ritrovi come tutor la dottoressa Cecilia Rossi, dopo un anno non puoi non sapere chi fu la fu (cu fu? ahahah) Alejandra Pizarnik. Perché si dà il caso che Ceci abbia portato come tesi di dottorato la traduzione dallo spagnolo all'inglese dell'opera omnia di Pizarnik, quindi, insomma, sapevo chi era.

A parte quello, e che morì suicida, non so molto altro. 

Nel programma del festival non c'era scritto molto, l'evento si intitolava semplicemente come il primo verso di una sua poesia, "Un barco trayéndome".

Da Julio di Casagrande (che stava dietro all'organizzazione dell'evento), ero venuta a sapere che si sarebbe svolta una seduta spirita con un vero medium per mettersi in contatto con lo spirito di Pizarnik.

E così, alle 00.45, nel locale La Oreja Negra, nel quartiere Palermo, Elena Traina ha partecipato alla sua prima seduta spiritica.

Eravamo in sessanta, più i tre di Casagrande e il medium. Questi sedevano in circolo in mezzo alla sala, con una corda sul pavimento che formava un cerchio chiuso.

Noi "non direttamente partecipanti" sedevamo all'esterno del minicircolo, in cerchio pure noi. Dopo una ventina di minuti di meditazione guidata, che a me sono sembrati infiniti, i Casagrande hanno iniziato a fare domande e il medium a rispondere per Pizarnik. 

Le cose che hanno chiesto erano abbastanza interessanti, e Pizarnik (e chi per lei) ha confermato di essere lieta di partecipare alla sessione. Ciononostante, siamo riusciti a farla alterare con la domanda "ti ricordi cos'hai pensato prima di morire", lei si è incazzata e ha risposto "quando muori tu ti faccio la stessa domanda e se riesci a rispondermi festeggiamo insieme".

Spiriti incazzosi.



O sea, alla fine sono riuscita a rimanere invischiata (non nel senso cattivo) in una seduta spiritica, ma pensa te. 

Anche sabato 28/09/2014 è stata una giornata mica male. Avevo sentito parlare qualche giorno prima del quartiere La Boca, quartiere di immigrati italiani che venivano a fare i pescatori. Di particolare ha che le case di questo barrio sono coloratissime: venivano infatti verniciate con la stessa vernice (presumibilmente quella che avanzava) con la quale si ricoprivano gli scafi delle barche.




La Boca è anche casa della società calcistica, e luogo simbolico per gli amanti e i fan di Maradona. Come quartiere è molto vivace, pieno zeppo di turisti (anche perché di sabato c’è la fiera), ma la gente del luogo tende a metterti in guardia: non aspettare che tramonti il sole – dopo diventa davvero pericoloso. 



Dopo un breve pranzo sono andata all’ultimo evento letterario al quale potevo partecipare: il carnevale boliviano. Bolivia è stata l’invitata speciale di quest’anno al FILBA, e al carnevale boliviano hanno partecipato autori e gruppi folkloristici.
Tanta musica, balli, letture, e dibattiti politici.



Dopo il carnevale, avevo prenotato uno spettacolo di tango al Café Tortoni, una meraviglia di caffè antico in Avenida de Mayo, turistico ovviamente, ma davvero di ottimo gusto (e questo attacco di borghesia acustica? Jesus). Anche lì, visto che il biglietto l’avevo comprato un paio di giorni prima, ero in prima fila. 




Uno spettacolo bellissimo. E non solo di ballo, anzi. Tra una coreografia e l’altra, un bravissimo cantante di una certa età, che mi ricordava molto Claudio Villa, intratteneva il pubblico con le canzoni più famose, tango e milonga. Della band, non c’è che dire, eccezionali.



Alla fine dello spettacolo ero stata invitata (ma le mie giornate non finiscono mai??) da un amico artigiano, Germán, a bere il mate in un centro ricreativo occupato da artigiani da tutto il Sudamerica. Mi ero fermata a chiacchierare con lui quando gli avevo comprato un anello di alpaca (la lega metallica, non l’animale!) dopo che mi aveva spiegato l’origine inca della trama e mi aveva offerto il mate. 


Così io e Germán, che è indio e che mi ha raccontato tantissime cose, siamo andati a mangiarci una pizza all’una di notte, nel quartiere più bohemio della città, San Telmo, nella mia ultima sera a Buenos Aires. 

*sipario*

domenica 28 settembre 2014

Di personal librai, planetari, Beatles, sedute spiritiche e tanto altro... PRIMA PARTE

Procediamo con ordine.

La mia assenza dal blog poteva significare due cose:
1) pirati (ma, ahimè, no)
2) sono stata troppo occupata a fare... cose, e adesso mi trovo nella spiacevole situazione di dover riassumere tutto senza che questo post diventi lungo come la fabbrica del Duomo.

Giovedì 25/09 è stato un giorno tranquillo. Mi sono alzata con molta calma, ho sentito casa, e poi sono andata all'evento "Soy tu librero" del FILBA.

L'occasione è stata un po' rovinata dalla pioggia, anche se si svolgeva al chiuso, nella libreria Eterna Cadencia. 




Due scrittori erano stati invitati a consigliare dei libri agli avventori del locale. L'idea era molto carina e in effetti lo svolgimento della cosa (oggi l'italiano sciopera, Chardoney moi) mi è davvero piaciuto.

Mi sono fermata a parlare con lo scrittore Maximiliano Barrientos, boliviano, che mi ha consigliato parecchi autori contemporanei del genere latino-fantastico e alcuni maestri del racconto. Alla fine ho comprato uno dei suoi libri, un'antologia di racconti e una di poesie.

Ho bevuto un caffè - offertomi, non potevo rifiutare -, da Julio Carrasco del colectivo Casagrande, al quale avevo scritto per dirgli che sarei passata da Santiago e che mi sarebbe piaciuto partecipare a qualsiasi evento proposto dal colectivo. Una persona incantevole, anche se con la testa un po' per aria e un po' sommersa dai troppi impegni.

Sono tornata a casa abbastanza presto, e ho finalmente iniziato a lavorare a un racconto al quale pensavo già da un po' (e mi sono imposta di non cazzeggiare sul blog, ergo il primo giorno di assenza).

Venerdì 26/09 è stata una giornata incredibile! Ho pranzato in un restaurante eccezionale, Lo Rafael, una padellata di gnocchi ai tre formaggi che bastava per l'intera famiglia Malacarne.

Poi sono andata al planetario, dove sapevo che si sarebbe svolto un evento fichissimo: i Beatles sotto le stelle! Ovvero, la tribute band officiale Argentina dei Beatles, la 4 Beatle Band, che suonava sotto la volta animata del planetario.



Sapevo che i biglietti (gratis) erano limitati a solo 250 posti, e che iniziavano a distribuirli alle 6. Io mi sono presentata molto anticipo (verso le quattro), perché volevo farmi un giro nel parco che circonda il planetario. Alle quattro, c'erano già sessanta persone in fila, così mi sono messa buona buona con il mio pc a continuare il mio racconto mentre si aspettavano le fatidiche 18. 

Alle sei, più di quattrocento persone si erano messe in fila, alcune non sapendo della limitata disponibilità. Quando hanno annunciato che i biglietti erano finiti, è scoppiato un putiferio! Gente che minacciava di scrivere al sindaco, chi spingeva per entrare a gomitate... un devasto.

Delle bambine di otto anni si sono messe a cantare a squarciagola JJJJJELP! AI NID SAAAMAANE! JJJJEEEELP NOT GIAST ENIMAAANEEE e altre versioni 'interessanti' dei classici beatlesiani.

Alla fine, dopo i parecchi tumulti, noi 250 - invidiati e maledetti dal resto del mondo - siamo entrati per goderci lo spettacolo. Il palco era rotondo, per cui i musicisti si davano la schiena... dev'essere stato davvero difficile per loro suonare anche perché, come si può immaginare... erano al buio la maggior parte del tempo!

Ero seduta in prima fila, e i sedili erano reclinatissimi, quasi da sdraiati. Nel posto alla mia sinistra chi era seduto? Il fonico, ovviamente! Acustica e visuale meravigliosa!!!



Purtroppo non si vede quasi niente dalle foto, ma lo spettacolo è stato davvero emozionante. Across the universe è stata meravigliosa, con la volta animata di costellazioni, nebulose, note musicali (un po' kitsch, a volte, ma chi non ama il kitsch):



Lucy in the Sky with Diamonds è stata incredibile: animazioni psichedeliche a tutto spiano e a 360 gradi... immagino che invidia avrà avuto John Lennon mentre ci guardava da oltre la volta celeste... E così anche Because, che personalmente amo tantissimo per le tante armonie.

Altre al posto di avere stelle o psichedelie affini, erano accompagnate da filmati d'epoca oppure foto warhol-izzate dei quattro scarrafoni.

Alla fine, dopo un'ora di esperienza mistica sotto le stelle, si sono accese le luci e abbiamo ballato Twist and Shout e Can't buy me love. Un evento indimenticabile!





A presto la seconda parte di questo post, dove racconterò di come sono finita dentro una vera seduta spiritica!



mercoledì 24 settembre 2014

Il senso dell'umorismo dei poeti

[Disclaimer: las fotos de las intervenciones poéticas del colectivo Casagrande pertenecen al sitio web www.loscasagrande.org]

Questa mattina ho assistito alla conferenza "Estallar la palabra" che apriva il FILBA (il festival della letteratura) tenuta dal Colectivo Casagrande, un gruppo di "intervento poetico" che ricorda molto la Art Kitchen (e Ivan, oh Ivan) dei Navigli. La conferenza si teneva al Museo del libro y de la lengua:



Il colectivo Casagrande, cileno, è un gruppo di quattro poeti e compagni di band (nonché ingegneri) che si formò negli anni Novanta all'università di Santiago del Cile. Si inizia con una band (Los Muebles, losmuebles.cl) che suona alle feste dell'università, si finisce bombardando poesie sulle città di Santiago, Dubrovnik, Berlino, Varsavia, Londra, Guernica. 

Quattro ragazzi, ora uomini, intraprendenti, sensibili e determinati, con un brillante senso dell'umorismo. I progetti di 'quelli di Casagrande' sono tantissimi. La loro storia inizia con una rivista universitaria, di tiratura limitata. Al numero 7, la rivista cambia il formato, viene stampata a forma di LP e raccoglie numerose fotografie accompagnate da testi poetici di artisti rigorosamente giovani e cileni.

Nel 2001, le pagine del #8 della rivista occupano lo spazio di cartelloni pubblicitari di 3 metri per 2 sparsi per le fermate della metro di Santiago. Nello stesso anno il collettivo bombarda il Palacio de la Moneda con centomila segnalibri che riportano versi poetici. 

Lo stesso poi accade nelle città già citate, città che almeno una volta nella storia sono state bombardate dall'alto.



Gli interventi poetici si moltiplicano, diventano sempre più simbolici, come il progetto "Chile al Cosmo", l'invito a scrivere "lettere alle stelle", ai bambini delle scuole primarie, culminato in una mostra con tutte le lettere e i messaggi da bambini e non;

oppure l'iniziativa di festeggiare nei modi più disparati i compleanni di autori deceduti: accendendo 1300 candeline per compleanno di Li Po o organizzando una seduta spiritica con Pablo Neruda, scatenando il dibattito della stampa su a chi appartenessero i diritti di quanto dichiarato dalla medium (parlando di senso dell'umorismo);

per non parlare dell'installazione di un enorme Pinochet gonfiabile (nome in codice "Progetto King Kong" per essere approvato dal governo di destra) per il 40esimo anniversario del golpe:



Insomma, il collettivo Casagrande mi ha stupito, mi ha fatto sorridere e mi ha ricordato di quel lontano febbraio 2009, dove allo spazio Oberdan di Milano conobbi di persona Ivan, alla sua mostra, il quale mi mostrò che in una parete intera era riportato il testo di una email che gli avevo scritto qualche tempo prima. E che quindi in un modo o nell'altro, che si suoni insieme in una band universitaria, che si vinca lo stesso concorso, o che ci si conosca e ci si scriva per email, la poesia si fa insieme

Dopo la conferenza, che mi ha entusiasmato davvero tanto, ne ho approfittato per vedere la mostra Rayuela: una muestra para armar (Rayuela: una mostra da comporre) dedicata al libro di Cortázar - che non ho ancora terminato, nonostante vada avanti parecchio ogni giorno, è davvero intenso. La mostra era composta da installazioni disposte a caso per tutto il museo della lingua. All'ingresso viene data una brochure con l'ordine consigliato delle opere, che ricorda ovviamente l'ordine di lettura dei capitoli "non fondamentali" inclusi da Cortázar alla fine del libro: 


Le installazioni erano meravigliose. Dal libro alla realtà, dagli oggetti della vita comune alle pagine e viceversa.





C'era perfino Lucia, la Maga, seduta fuori dalla finestra...



Dal museo del libro e della lingua sono passata alla Biblioteca Nacional (il cui architetto doveva essere compagno di canne con lo studio che progettò la Torre Velasca di Milano):


Di fronte alla quale è stata appena eretta la statua al caro vecchio Julio:



Mi sono fermata sul prato dinanzi la biblioteca a scrivere, e mi sono appisolata sullo zaino per una pacifica oretta sotto il sole, poi sono tornata al Museo de Bellas Artes per rivedere la mostra su Julio Cortázar il quale, ricordiamo, è fatto così:




Un giretto per il barrio di Palermo per cenare (con la scaloppina di vitello e il miglior purè di patate della mia vita) e poi a casa, dalla quale scrivo questo post da due ore perché continuo a distrami.

Foto del giorno, sulla destra l'enorme complesso universitario della facoltà di diritto (altro che lettere e filosofia!):



Un'ultima nota sul colectivo Casagrande, anzi, sulla band Los Muebles (che sono sempre loro), questi ragazzi hanno scritto e registrato solo un album, Vol. IV



Il caso vuole che una delle canzoni di quest'album, Elena, inizi così:

Santiago es el final o el comienzo de un viaje...

Ah, ma questo viaggio non smette di lasciare segni.

martedì 23 settembre 2014

23/09/2014

Colonia do Sacramento!!! Sììììì.

Be'.

Un attimo.

Allora, io mi ero fatta tutti i miei calcolini, taglia di qua, cuci di là, dollaro di giù, peso argentino di su, bla bla bla. E tagliando e rimirando infiniti spazi nel mio portafoglio avevo decretato che tutto sommato, visto che 

a) io quando ci ritorno in Sudamerica? (tra un paio di mesi?? eheh) 

e

b) tutto sembrava molto fattibile

ieri al porto ho comprato il biglietto per il traghetto che porta a Colonia do Sacramento, Uruguay, dall'altro lato del Rio de la Plata. 

Per cui stamattina sveglia alle cinque, con tutta la buona volontà mi sono messa su un taxi per il porto e via.

Premettendo che ai tassisti di Baires sto parecchio simpatica, questo innanzitutto mi ha augurato "Felice Primavera" e poi si è messo a chiacchierare allegramente di Maradona, dei miei viaggi, e parlando degli uruguayos ha sparato un

C'è di tutto nella vigna del Signore...

Comunque.

Salita sul Buquebus che porta a Colonia mi dicono che nel traghetto è inclusa anche la visita guidata in autobus e a piedi. Ottimo, se non fosse che la giornata fa veramente schifo! Che sfortuna nera...

Visto che la mia testolina fringuellina ha deciso di prendere l'andata alle 8.30 e il ritorno alle 20 (le alternative non erano molte: per l'andata c'era anche un 12.15 e per il ritorno un 18.20), di tempo da ammazzare ne avevo fin troppo, in più le nuvole che minacciavano pioggia da un momento all'altro mi hanno messo un po' di strizza.

Così sono salita sull'autobus della tour guidato e sono riaffiorati gli spiacevoli ricordi delle gite scolastiche della quale ero una grande fan alle elementari, una partecipante rassegnata alle medie, e una fiera ammutinata alle superiori.

Il bus si è fermato in un paio di posti di rilievo, tra cui l'arena dei tori:


Poi si è fermato al porto e al centro commerciale (mah). Dopo il giro in bus, durato pochissimo, c'è stato il giro a piedi.

La guida del tour a piedi era insopportabile e se ci penso ancora mi sale un nervoso pazzesco. Va bene che te la vuoi tirare, è una tua scelta, però mi sembra esagerato che a ogni domanda dei visitatori (che magari chiedevano anche di parlare un po' più lentamente, visto che la maggior parte erano portoghesi) devi fare la faccia stizzita e rispondere acidamente. Dopo mezzora di questa qui che se la tirava tantissimo io mi sono un po' allontanata e ho cominciato a vedere la cittadina per conto mio.

Sono passata dalla Calle de los Suspiros:


Dalla chiesa principale:


E dal faro, con vari tentativi di rientrare anch'io nella foto...




Dopo aver girato tutto il centro storico, ho pranzato e purtroppo ha iniziato a piovere. Ne ho approfittato per andare a vedere la chiesa dentro (più che chiesa, una cappella per le ridotte dimensioni), che non aveva nulla di speciale. Tuttavia mi sono fermata un po' sulle panche a riposare e a leggere Rayuela, visto che non accennava a smettere di piovere.

In chiesa ha cominciato a fare parecchio freddo così mi sono spostata in un localino molto carino, Drugstore, dove servivano delle cose stupende da mangiare - peccato che avessi già pranzato. Allora ho ordinato una cioccolata calda, che qui è cioccolato fuso nel latte (sento già la bava delle mie amiche, ma ahimè, come sapete non sono una grande amante del cioccolato cioccolato, quindi ne ho lasciata metà).



Per cercare di far passare il tempo, prima ho scritto un po', poi ho terminato la prima parte di Rayuela, ho girato le botteghe artigianali e poi sono tornata al porto a piedi, per fortuna la pioggia non era troppo forte.

Direi che tutto sommato Colonia sì/Colonia no, è difficile dare una valutazione. Per soldi, sbatta e tempo perso tra imbarcare e sbarcare, direi che non ne vale la pena, soprattutto perché alla fine Colonia è carina, sì, ma in Italia abbiamo borghi e cittadine di mare molto più spettacolari.

Quello su cui ho guadagnato è sicuramente il patrimonio storico della città, che non conoscevo e che adesso conosco, e il fatto che se non ci fossi andata me ne sarei pentita per tutto il resto del tempo.

Che cosa ci attenderà domani?

Hasta la Sista.

lunedì 22 settembre 2014

22/09/2014

Allora, la giornata è iniziata prestino perché sapevo che a un certo punto sarebbe arrivata una signora delle pulizie e non volevo farmi trovare a letto. Così alle otto ho riassettato un po' la stanza e alle dieci sono uscita di casa.

Sono andata a vedere l'università, anzi, la Facultad de Filosofia y Letras, che si trova in una zona abbastanza fuori dal centro. Ho preso due autobus e ho camminato un po', per un totale di cinquanta minuti di viaggio da dove sono io.



Non avevo idee precise, volevo solo andare a fare una chiacchierata con lo sportello studenti stranieri per capire come funziona il dottorato qui. Bisogna un po' tenere cercare di tenere tutte le porte aperte, no? Lo sportello apriva all'una, così mi sono fatta un giro dentro, tra aule, corridoi e scale, come se frequentassi anch'io.

Non credevo ai miei occhi. Se dovessi descrivere gli studenti di lettere di qua, anche non avendone visti molti, mi viene da dire solo una cosa: incazzati neri.



Non è che da noi manifesti non ce ne siano, e sappiamo bene che puttanaio organizzano i ragazzi della CUEM ogni due per tre in Festa del Perdono, ma qui i manifesti erano appesi dappertutto, perfino nelle aule:


E chiedevano ciò che anche noi dovremmo cominciare a pretendere, in particolare mi ha colpito l'idea "più soldi all'educazione, meno alle multinazionali" ripetuta in tutte le salse su tutti i muri. Mi ha dato da pensare. Mi ha fatto venire in mente l'EXPO 2015. E alle aule di Sant'Alessandro. E mi sono incazzata anch'io.

Mi spiace che forse sono arrivata troppo presto, dando un'occhiata ai cartelloni in giro mi sa che le lezioni iniziavano e finivano molto più tardi di quanto pensassi, quindi non sono riuscita a imbucarmi in nessun seminario. Magari giovedì o venerdì, vedremo. Comunque alla fine ci sono andata a chiedere per il dottorato, che ha dietro un processo burocratico un po' macchinoso, ma è tutto sommato fattibile. Se non fossi stata distratta dal bell'argentino che rispondeva alle mie domande, magari saprei dire di più. 

*sospiri e sguardo perso nel vuoto* 

(no scherzo, la realtà è che non ero interessata al 100%, ma solo come piano B del piano B del piano B)

Dopo un lautissimo pranzo, è iniziata l'odissea per tornare in zona Recoleta - dove volevo vedere se i musei erano aperti. Credo di aver impiegato due ore tra autobus, autobus presi nella direzione contraria (due volte), strade trafficate, etc...

Ovviamente, i musei erano chiusi perché oggi è lunedì. E allora mi sono detta: non sarà il caso che finalmente vada a vedere il porto?

Inizio a camminare verso la stazione ferroviaria Retiro, di fronte alla quale si trova la Torre Monumental, donata dai generosi Britannici per il primo centenario (1910) dall'indipendenza dagli spagnoli (1810). Ogni tanto la vandalizzano con dei graffiti anti-UK, più che altro per i conflitti ancora aperti sulle isole Malvine/Falkland. 


Passata la torre, in teoria ancora qualche centinaio di metri e dovrei arrivare al mare, anzi, che dico?, all'oceeeaaano. Sì. Me l'hanno detto. 

Nella bella Buenos Aires se si spera di trovare un lungomare delineato, carino, con le navi, le barchette, e i galeoni dei pirati - be', si ha capito male. Il porto di Genova al confronto è una vasca da bagno con le paperelle - altro che Grandi Navi Veloci. Giunta dove secondo la mappa ci sarebbe dovuta essere la darsena, mi sono resa conto tristemente che per accedere alla suddetta bisognava andarci in macchina e in autostrada. A separare il porto da dov'ero io c'era una striscia di grattacieli (hotel, più che altro) che impedivano la vista per qualche chilometro. 

Cammina, cammina, cammina, risalgo la darsena fino agli uffici della Buquebus e finalmente riesco a scorgere qualcosa che assomiglia a dell'acqua (zozza, ma zozza zozza).
 


Sono risalita lungo la darsena, che a un certo punto arriverà fino a Plaza de Mayo - con mio sommo stupore (ammetto che oggi il mio senso dell'orientamento era in ferie).


Come annunciato, io mi imbarco su una nave pirata e sparisco dalla terraferma per un po'. Ciao, eh.



Sì, certo, a parte che di nave pirata quella fregata aveva poco e niente. Bella, però, era la nave scuola Presidente Sarmiento (1897), ora adibita a museo.

Risalendo per Plaza de Mayo mi sono fermata ad assistere al momento in cui, al tramonto, i soldatini della repubblica ritirano l'enorme bandiera e la portano dentro alla Casa Rosada. L'avevo visto di sfuggita ieri, oggi mi sono fermata apposta ad aspettare. Un momento toccante, davvero. 


Già che la bandiera dell'Argentina campeggia su qualsiasi cosa, con molta più insistenza della Union Jack che a Londra manca solo disegnata col gesso negli scoli dell'acqua piovana, vedere poi con che solennità questa viene calata e trasportata ogni benedetta sera al calare del sole e poi re-issata ogni mattina, boh, mi ha fatto abbastanza commuovere. Ma tanto a me basta niente per farmi commuovere, eh.

Mi concedete di citare i Mercanti di Liquore? No? Be', un gran peccato che io non senta le vostre voci di protesta, ah ah ah.

Son troppi i colori del mondo, non li puoi chiudere... in una bandiera.

E sulle note di Santa Sara, dei Mercanti di Liquore, io vi lascio e vado a farmi un sacrosanto bagno perché domani mi aspetta una sveglia ingrata (alle cinque e mezza, Gesù mio ma chi me lo fa fare) e una lunga, intensa giornata... 

Suspaaaans. Cliffèngher.

Hasta qualcosa.