lunedì 2 maggio 2016

Cose che ho imparato in giro per l'Italia

Ad Aprile 2016, ho compiuto 26 anni. E come a ogni compleanno, mi sono fatta diversi regali. Uno di questi è stato viaggiare in giro per l'Italia, vedere luoghi che non avevo mai visto o persone che non vedevo da tanto.

Parlando del mio imminente tour in solitaria, la moglie di un mio ex professore mi ha fatto notare -- in un tono che tuttora non riesco a definire se sarcastico o fattuale -- che ogni volta che torno in Italia mi comporto da turista. 

Ora, la parola turista ha sempre fatto raccapricciare chiunque si autoproclami un [lo sto per dire] viaggiatore [l'ho detto] ma sorvoliamo sulle technicalities e concentriamoci su quello che Mrs Z voleva dire.

Che l'Italia non è più casa mia, ma un parco giochi che visito quando il generale grigiume e la riservatezza anglosassoni hanno riempito il serbatoio?

Non scherziamo, l'Italia sarà sempre casa mia. Non la Brianza. Non Seveso, né Milano. Non Alessandria della Rocca né l'idealizzazione della Sicilia, l'amara terra della mia famiglia. L'Italia è casa mia. Anzi, meglio ancora. 

L'italiano è casa mia.

Se mi sento a casa quando, alla fine delle solite dodici ore di odissea tra Norwich e Seveso, metto piede in bagno e il profumo di pulito mi fa venire le lacrime agli occhi? Sì. (Non ditelo alla Tanina, né ai redattori pubblicitari della Mastro Lindo.)

Ma mi sento a casa anche quando finisco per noia o per abitudine sul sito di Repubblica o della diretta di Sky tg24. O quando riprendo in mano Il bar sotto il mare, che uso per l'insegnare l'italiano alla mia allieva polacca Julia.

O quando rileggo le cose che scrivo io stessa, e cambio i congiuntivi in indicativi o viceversa sei o sette volte, rimpiangendo di non essere stata più attenta durante le lezioni di grammatica di prima media.

Pensare, parlare e vedere una pletora di serie tv in inglese, non aiuta. Sono in sospeso tra due case, tra due nazioni, tra due lingue.

Ammetto di essere stata tentata. Voglio dire, frequenti la UEA e non ti fai due domande sul corso di Creative Writing più figo che esista al mondo? Me ne sono fatta anche più di due. Ma come la UEA è resistita a me (= non hanno dato corda alle mie aspirazioni nabokoviane), io non ho ceduto alla tentazione di provarle tutte per dimostrare che scrivere in una seconda lingua è possibile.

La verità è che non lo so se è possibile. Ma, finora, ho scelto sempre l'Italia e l'italiano.

E quando torno a casa, mi piace farmi un giro. Preferibilmente con gli amici.






 



[Ma l'articolo su Napoli e Pompei non lo vogliamo fare??] [No, la risposta è no.]