lunedì 22 settembre 2014

22/09/2014

Allora, la giornata è iniziata prestino perché sapevo che a un certo punto sarebbe arrivata una signora delle pulizie e non volevo farmi trovare a letto. Così alle otto ho riassettato un po' la stanza e alle dieci sono uscita di casa.

Sono andata a vedere l'università, anzi, la Facultad de Filosofia y Letras, che si trova in una zona abbastanza fuori dal centro. Ho preso due autobus e ho camminato un po', per un totale di cinquanta minuti di viaggio da dove sono io.



Non avevo idee precise, volevo solo andare a fare una chiacchierata con lo sportello studenti stranieri per capire come funziona il dottorato qui. Bisogna un po' tenere cercare di tenere tutte le porte aperte, no? Lo sportello apriva all'una, così mi sono fatta un giro dentro, tra aule, corridoi e scale, come se frequentassi anch'io.

Non credevo ai miei occhi. Se dovessi descrivere gli studenti di lettere di qua, anche non avendone visti molti, mi viene da dire solo una cosa: incazzati neri.



Non è che da noi manifesti non ce ne siano, e sappiamo bene che puttanaio organizzano i ragazzi della CUEM ogni due per tre in Festa del Perdono, ma qui i manifesti erano appesi dappertutto, perfino nelle aule:


E chiedevano ciò che anche noi dovremmo cominciare a pretendere, in particolare mi ha colpito l'idea "più soldi all'educazione, meno alle multinazionali" ripetuta in tutte le salse su tutti i muri. Mi ha dato da pensare. Mi ha fatto venire in mente l'EXPO 2015. E alle aule di Sant'Alessandro. E mi sono incazzata anch'io.

Mi spiace che forse sono arrivata troppo presto, dando un'occhiata ai cartelloni in giro mi sa che le lezioni iniziavano e finivano molto più tardi di quanto pensassi, quindi non sono riuscita a imbucarmi in nessun seminario. Magari giovedì o venerdì, vedremo. Comunque alla fine ci sono andata a chiedere per il dottorato, che ha dietro un processo burocratico un po' macchinoso, ma è tutto sommato fattibile. Se non fossi stata distratta dal bell'argentino che rispondeva alle mie domande, magari saprei dire di più. 

*sospiri e sguardo perso nel vuoto* 

(no scherzo, la realtà è che non ero interessata al 100%, ma solo come piano B del piano B del piano B)

Dopo un lautissimo pranzo, è iniziata l'odissea per tornare in zona Recoleta - dove volevo vedere se i musei erano aperti. Credo di aver impiegato due ore tra autobus, autobus presi nella direzione contraria (due volte), strade trafficate, etc...

Ovviamente, i musei erano chiusi perché oggi è lunedì. E allora mi sono detta: non sarà il caso che finalmente vada a vedere il porto?

Inizio a camminare verso la stazione ferroviaria Retiro, di fronte alla quale si trova la Torre Monumental, donata dai generosi Britannici per il primo centenario (1910) dall'indipendenza dagli spagnoli (1810). Ogni tanto la vandalizzano con dei graffiti anti-UK, più che altro per i conflitti ancora aperti sulle isole Malvine/Falkland. 


Passata la torre, in teoria ancora qualche centinaio di metri e dovrei arrivare al mare, anzi, che dico?, all'oceeeaaano. Sì. Me l'hanno detto. 

Nella bella Buenos Aires se si spera di trovare un lungomare delineato, carino, con le navi, le barchette, e i galeoni dei pirati - be', si ha capito male. Il porto di Genova al confronto è una vasca da bagno con le paperelle - altro che Grandi Navi Veloci. Giunta dove secondo la mappa ci sarebbe dovuta essere la darsena, mi sono resa conto tristemente che per accedere alla suddetta bisognava andarci in macchina e in autostrada. A separare il porto da dov'ero io c'era una striscia di grattacieli (hotel, più che altro) che impedivano la vista per qualche chilometro. 

Cammina, cammina, cammina, risalgo la darsena fino agli uffici della Buquebus e finalmente riesco a scorgere qualcosa che assomiglia a dell'acqua (zozza, ma zozza zozza).
 


Sono risalita lungo la darsena, che a un certo punto arriverà fino a Plaza de Mayo - con mio sommo stupore (ammetto che oggi il mio senso dell'orientamento era in ferie).


Come annunciato, io mi imbarco su una nave pirata e sparisco dalla terraferma per un po'. Ciao, eh.



Sì, certo, a parte che di nave pirata quella fregata aveva poco e niente. Bella, però, era la nave scuola Presidente Sarmiento (1897), ora adibita a museo.

Risalendo per Plaza de Mayo mi sono fermata ad assistere al momento in cui, al tramonto, i soldatini della repubblica ritirano l'enorme bandiera e la portano dentro alla Casa Rosada. L'avevo visto di sfuggita ieri, oggi mi sono fermata apposta ad aspettare. Un momento toccante, davvero. 


Già che la bandiera dell'Argentina campeggia su qualsiasi cosa, con molta più insistenza della Union Jack che a Londra manca solo disegnata col gesso negli scoli dell'acqua piovana, vedere poi con che solennità questa viene calata e trasportata ogni benedetta sera al calare del sole e poi re-issata ogni mattina, boh, mi ha fatto abbastanza commuovere. Ma tanto a me basta niente per farmi commuovere, eh.

Mi concedete di citare i Mercanti di Liquore? No? Be', un gran peccato che io non senta le vostre voci di protesta, ah ah ah.

Son troppi i colori del mondo, non li puoi chiudere... in una bandiera.

E sulle note di Santa Sara, dei Mercanti di Liquore, io vi lascio e vado a farmi un sacrosanto bagno perché domani mi aspetta una sveglia ingrata (alle cinque e mezza, Gesù mio ma chi me lo fa fare) e una lunga, intensa giornata... 

Suspaaaans. Cliffèngher.

Hasta qualcosa.

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