sabato 1 febbraio 2020

Città che non mollano: Christchurch


Il treno che da Picton (raggiunta via traghetto da Wellington) porta a Christchurch percorrendo gran parte di tratta lungo il Pacifico si chiama, appropriatamente, Coastal Pacific Train. Se da una parte sono un po' sfortunata, perché siedo dalla parte sbagliata (cioè vicino al finestrino che dà sull'entroterra, non sul mare), dall'altra forse è un bene perché al posto di passare le sei ore di viaggio a fare foto, uso questo tempo per ricaricarmi un po'. Porto avanti il mio album di ricordi, schiaccio un pisolo, e inizio The Science of Storytelling, di Will Storr, che mescola la disciplina della scrittura creativa con la psicologia.




Arrivata a Christchurch, ho lo stomaco in subbuglio e per calmare la nausea mi faccio un giro in città. Probabilmente perché sono le nove o dieci di sera, ma non riesco a orientarmi in questo reticolo di quartieri che non danno affatto l'idea di trovarsi nel centro di una città culturale, bensì in qualche sobborgo o cittadina postindustriale, con qualche gradevole eccezione.







Solo il giorno dopo mi rendo conto che metà dei quartieri di Christchurch non esistono più, spazzati via dai terremoti del 2010 e del 2012. Inizio allora la giornata con una passeggiata nel giardino botanico (ai kiwi piacciono i fiori, l'abbiamo capito) e mi unisco a un walking tour con guida del posto.






Il tour è parecchio incentrato sulle conseguenze dei terremoti (e più avanti si parlerà anche dell'attentato terroristico dell'anno scorso). Simon indica tutti gli spazi lasciati liberi dagli edifici che si è voluto demolire e non ritirare su per mancanza di fondi. La cattedrale, nel centro della città, è una rovina che per dieci anni ha suscitato un dibattito di cui ancora non si vede la risoluzione: la buttiamo giù e ricostruiamo, oppure facciamo partire i lavori di restauro, che costeranno il triplo ma almeno manterranno l'originale? La città ancora non si decide. Con ogni giunta che sale, vengono avanzati progetti diversi. Nel frattempo, però, la cattedrale "transizionale" (che gli abitanti si ostinano a chiamare la Cardboard Cathedral) riscuote tanto successo che qualcuno pensa che rimarrà anche quando quella nuova o i lavori di restauro di quella vecchia saranno terminati.




Non posso fare a meno di dispiacermi per questo luogo di culto, e per gli abitanti che poco a poco hanno deciso di lasciare la città, che non riconoscono più. Simon ci assicura che tanti, invece, stanno ritornando, e la vita continua, nonostante il decennio da incubo che Christchurch ha appena vissuto, culminato con l'attacco dell'anno scorso. A memoria di quest'ultimo, una scultura nei sobborghi della città, una platea di sedie bianche tutte diverse una dall'altra.



Hanno ragione alcuni a pensare che Christchurch è un po' una città fantasma, perché certo non è come me l'aspettavo, soprattutto in piena estate e nel mezzo del World Buskers Festival, la ragione per cui l'avevo inclusa nell'itinerario in the first place. Ingenuamente, mi aspettavo di trovare musicisti a ogni angolo di strada, ma due differenze fondamentali la distinguono dall'immagine che mi ero fatta: la prima è che il tema di quest'anno è Bread & Circus, pane e circo, per cui musicisti non ce ne sono. Trapezisti, acrobati, artisti, maghi, sì. La seconda è non a ogni angolo di strada. Il festival si svolge a orari precisi, in location precise, alcune delle quali prevedono un ingresso, mentre il resto delle performance si svolge a donazione.

Questo non vuol dire che non sia un gran festival, ma semplicemente diverso da quello che mi aspettavo. Finito il tour di Simon e dopo un veloce pranzo, mi prendo un paio d'ore per farmi un sonnellino in ostello, perché la stanchezza non mi ha ancora abbandonato. 

Solo verso sera mi riporto al giardino botanico, perché c'è una performance gratuita, una rivisitazione de L'isola del tesoro di Stevenson. Se dopo Surprise Party, lo show al teatro Circa di Wellington, pensavo di aver consumato il mio bonus di risate per tutto l'inverno, mi sono dovuta ricredere. Uno show a metà tra la pantomima e la commedia, con un testo incredibilmente fedele eppure inframmezzato da battute contemporanee, qualche improbabile numero musicale (vedi sotto) e un cast di cinque attori con un ventaglio di abilità che superano di gran lunga l'attore "puramente" teatrale: acrobazia, armonizzazione e perfino la padronanza di più di uno strumento (ukulele, fisarmonica, kazoo, armonica, flauto...).




Di ritorno dal giardino botanico, mi fermo all'Arts Centre, che non ho potuto visitare per mancanza di tempo (e forze), per assistere a un'altra performance circense: Dream Garden.




  
Tra il pubblico di entrambe le performance, i turisti si contavano sulla punta delle dita. La maggior parte erano famiglie, coppie e anziani, tutti del luogo, e di distinguevano da noi forestieri dalle giacche sportive e le sciarpe pesanti, dal loro relax, le coperte per i picnic, i bambini che corrono da una parte all'altra. Il World Buskers Festival è un po' un gioiello per i locali, che non smettono di sostenere la vita artistica e culturale di una città che non molla.

Come Simon ci ha rivelato durante il tour, il New York Times ha inserito Christchurch nelle 50 città da visitare nel 2020. Qualcuno direbbe che è una scelta molto discutibile, considerato che metà di Christchurch giace ancora in macerie o in immagini fantasma della città. Io però capisco e condivido questa scelta. D'altra parte, se nessuno viene a vederla, questa città non ha chance. E il viaggiatore un po' più esperto non faticherà a scoprire che, tra i buchi e le rovine, c'è tanta arte e c'è tanta speranza.




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