sabato 5 ottobre 2013

Primo giorno di lavoro!

Levataccia alle sei del mattino per prendere l'autobus e ritrovarsi in anticipo di un'ora e mezza. Come al solito. Passeggia di qua, passeggia di là, si fanno le 8.30.
Paul, il mio capo, apre il negozio e mi fa un minitraining, giusto per aggiornarmi sulle operazioni di cassa. Poi mi molla a Max (ma quanti uomini lavorano in Lush?! sono piacevolmente sorpresa), che studia anche lui alla UEA ma oggi era visibilmente a pezzi per un'operazione alla gamba. Dopo un paio d'ore, non regge più e lascia il negozio in mano e me e Paul, che grazie a Dio ha un gran gusto musicale (se non si tiene conto della sua passione morbosa per Tom Jones).
Il negozio si riempie, ci sono i soliti clienti eccentrici, tante persone già in fissa con le novità natalizie (per l'amor del cielo, non è neanche passato Halloween!), quindi via di demo-demo-demo, sorriso stampato sulle labbra, squiscia la gelatina, crascia gli spumanti, ploppa le ballistiche, sfriziona gli oli da massaggio e incrocia le dita per non sbagliare nessuna operazione di cassa (che drago!) e si fanno le quattro del pomeriggio.
Nel frattempo si sono aggiunte Lauren, l'altra capa, Tom e Eve, "store angel". Non ho idea di cosa faccia una "store angel", ma Eve è stata davvero paziente con me. Lauren invece era entusiasta del fatto che ero già lì a spadellare con le boule delle demo come se fossi a casa mia senza avermi fatto alcun training.

La prima giornata è andata benissimo. Mi sono beccata il giorno più caliente della settimana (momenti in cui la fila di persone in attesa in cassa arrivava quasi all'ingresso) e un turno da sette ore per iniziare, ma meglio adesso che quando sarò sotto stress per la consegna dei saggi di fine semestre.

L'unica nota apparentemente negativa della giornata è stata la notizia bomba che Paul mi ha scaricato alle nove meno qualcosa: se voglio continuare a lavorare devo aprire un conto in banca qui. Tutto sommato, ha abbastanza senso, pregusto già la mirabile visione delle salatissime commissioni e delle infinite telefonate al "servizio" "assistenza" della "Banca" Intesa (no, le virgolette non sono lì per errore) che magicamente spariscono. D'altra parte, vuol dire altra sbatta e una lunga trafila di documenti da consegnare, perché oltre al conto corrente mi è richiesto anche un NIN, National Insurance Number - una specie di codice fiscale che serve per la previdenza sociale.

Nulla in contrario, anzi, è solo che l'ingenua qui presente pensava ancora che l'Unione Europea fosse la panacea per tutti i mali burocratici che esistono al mondo e che cose come il NIN non servissero a noi eletti. Non potevo essere più in torto di così.

Finito il lavoro, mi sono vista con Valentina, Anna e Olivia (pazzesco, sembra che le mie colleghe di corso siano tutte italiane) e ci siamo mangiate una bella fetta di torta al Frank's Bar. Poi Anna e Livvy mi hanno portato a vedere la cattedrale di Norwich (finalmente) e ci siamo fatte una passeggiata fino a perderci completamente. Quando ho cominciato a sentire un inquietante formicolio ai piedi, ho deciso di tornare qui al campus dove mi sono scaldata un pessimo risotto in busta preparato ieri (sorvolerò sulle condizioni della cucina in comune, perché mi sto rimettendo adesso da tre giorni di nausea e influenza).

Tradendo i miei buoni propositi per il nuovo anno accademico, ho voluto dare un'opportunità a due serie che ritrovo un po' dappertutto: Downtown Abbey e Dr Who (l'ultima goccia: sono andata in posta a comprare dei francobolli e raffiguravano il Dottore e la famosa cabina blu!).

Lo so, dite quello che volete, ma dopo aver passato la serata di ieri a copiare (a mano!) le traduzioni inglesi del XXVI Canto dell'Inferno, di A Zacinto e dell'Infinito (cosa peraltro assolutamente non accademica, è che sto preparando un "Best of" della letteratura italiana da regalare a un mio amico per il suo compleanno), stasera voglio sentirmi ignorante.

(Aggiornamento delle 22.31: Downtown Abbey non fa per me.)

Cheers!

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