martedì 1 luglio 2014

Creative Writing Summer School - Day 1

Oggi è iniziata il corso di scrittura extracurriculare al quale mi sono iscritta. Visto che questo blog sarà un po' il diario che conterrà i miei più bei ricordi della UEA, cercherò di tenerlo aggiornato lezione dopo lezione, con un riassunto degli esercizi e con i miei scritti meno disastrosi. Ora, siccome sono sempre un po' traduttrice dentro, offrirò tali opere in italiano così da poter essere lette da tutti i miei amici non anglofoni che seguono il blog.

Come anticipato dalla nostra insegnante, Kate, lo scopo di questa serie di lezioni è di sperimentare il più possibile col linguaggio, per poi tagliuzzare, scartavetrare, abbellire, decorare e presentare i nostri prodotti finiti ai compagni.

Per riscaldarci, abbiamo fatto dieci minuti di scrittura automatica. Scrittura automatica vuol dire scrivere ininterrottamente tutto ciò che ci viene in mente. Vietato tornare indietro. Vietato riscrivere. Vietato fermarsi. La consegna di questo primo esercizio era di scrivere quanto più potevamo in tempo presente di una persona che conosciamo bene e di che cosa probabilmente stava facendo in quel frangente. Dopo i dieci minuti di scrittura automatica, abbiamo messo via il foglio e lo abbiamo ripreso solo dopo mezzora di altri esercizi, per trasformarlo in qualcosa di diverso. La mia terribile bozza di una ventina di righe si è ridotta a un paragrafo minimo, una scena, l'inizio di un qualcos'altro. 

Accesa. Oh, quell'episodio l'hai già visto. Non faceva nemmeno tanto ridere. Spenta. Meglio tornare a dov'eri. Finisci di pulire il piano prima che arrivi la tua allieva. Non è che ti importi molto delle impronte sui tasti neri, ma sai com'è tuo papà. Se la prende per le cose più inaspettate. Tipo il fatto che quella foto sta ancora lì sul muro in cucina. Dai uno sguardo. La togli dal chiodo. C'è una macchia grigia sul muro. La rimetti dov'era. Suona il citofono.

Un altro esercizio molto bello che abbiamo fatto è stato di descrivere un personaggio famoso in termini metaforici. Avevamo una lista di cose (macchina, tempo, libro, film, stanza...) e dovevamo usare delle metafore per far capire ai nostri compagni di chi stavamo parlando. Io ho scelto Gandhi (anche se alla fine suonava più un incrocio tra Gesù e Buddha).

MACCHINA. Una vecchia Austin A40 Farina degli anni 40. Una volta era azzurra, ma ora è grigia e arrugginita. Abbandonata in mezzo al deserto.

TEMPO. Tutto e uno, un cerchio senza fine, un momento sul bordo dell'orizzonte degli eventi.

LIBRO. Un'antologia di poesia minimalista nascosta tra un Cummings e una Dickinson sugli scaffali di un'antica biblioteca universitaria.

STANZA. Una stanza con pareti di vetro e tutto ciò che è vuoto in realtà è pieno di luce.

Vi ricordate quel gioco stupido di scrivere NOME DI LUI, piegare il foglio e passare, NOME DI LEI, piegare il foglio e passare, VERBO, etc. etc.? L'abbiamo fatto anche noi. I risultati sono stati assurdi, come prevedibile, e ci è toccato usarli nell'esercizio successivo: l'incipit di un paragrafo di scrittura surreale. La mia frase era: il trattore occhialuto che nuota con il canguro bordeaux.

Il trattore occhialuto che nuota con il canguro bordaeux canta canzoni afro-cubane per farlo addormentare. Ma il canguro bordeaux, creatura spontanea originaria dai deserti turchesi di marshmellow su Plutone, è troppo esagitato e continua a ballonzolare avanti e indietro reggendo un calice di benzina per bambini. "La luna tonda tonda, fa un dribbling, che gioconda!" canta il trattore e affonda lentamente nelle caramellose paludi della disperazione, e gli 84 soli di Giove tramontano uno a uno, scomparendo sotto un orizzonte di pollo impanato e fritto.

L'esercizio che più mi è piaciuto in assoluto è stato quello delle liste. A me le liste sono sempre piaciute un casino. Sulle orme dell'antichissimo libro Note del guanciale di Sei Shonagon (965 - 1010 d.C.), avevamo dei titoli ("Cose che vorrei seppellire", "Cose che dovrebbero essere più corte", "Cose di cui vorrei scrivere", etc.), dovevamo sceglierne uno e fare la lista. 

Cose di cui vorrei scrivere

- i mandorli in fiore e il profumo di marzapane nell'aria della Sicilia a primavera
- un'amicizia tra un vecchio insegnante e una bambina di nome Aire
- la città di Valparaiso del Cile e le storie d'amore di una donna gitana che vive su una barca
- il sapore del pane con l'olio appena sfornato
- il dolore di una madre che ha visto suo figlio uccidere un altro uomo
- il terrificante suono dei botti dell'alborata al sorgere del sole nei giorni di festa patronale
- la solitudine di una nave nel mezzo dell'oceano
- la storia di una regina costretta ad abdicare in favore della repubblica dopo una lunga guerra civile
- bambini che non sanno leggere
- una generazione di ragazzi cresciuti nell'opulenza che a vent'anni fanno fatica ad arrivare a fine mese

Da questo esercizio ne è nato un altro, quello di scrivere "automaticamente" qualcosa suscitato da una delle voci sulla lista. Io ho scelto l'alborata, e dopo aver pulito la prima disastrosa bozza, ho stilato questo paragrafo con una nuova regola: meno aggettivi e meno avverbi possibile. Più metafore. Show, not tell.

La chiamano alborata perché la fanno al sorgere del sole. Stai dormendo e d'un tratto ti sveglia un suono che ti stringe le viscere in una morsa. I botti dell'alborata. Li sparano tre giorni prima di una festa importante. Un botto, poi un altro. Qualche minuto dopo, un altro ancora. E così, per un po'. Che cos'avevano in testa quelli che la inventarono per celebrare un santo o la Madonna? Serviva a quello, una volta. Alborata.
Ora però sono bombe che cadono dal cielo su strade, scuole, e civili.

Compito a casa, scrivere una poesia ispirata a qualsiasi cosa uscita fuori oggi. L'idea dell'alborata mi piaceva molto, però non sono brava a scrivere della guerra. Così ho scelto un'altra voce dalla lista, e ho scritto Blue [Blu].

Blu

Dev'essere oggi.

Le donne cantano, i bambini
giocano a nascondino,
gli uomini fischiettano, 
ma ogni tanto i loro occhi
deragliano e si perdono nel...

Ancora niente, ma presto.

Presto le donne canteranno,
i bambini giocheranno
e gli uomini fischietteranno
con la terra sotto i piedi.

Ma oggi, 
oggi forse non è il giorno,
magari domani.

Domani.

Est. Blu.
Nord. Sud. Blu.

E ovest. Blu, ancora blu.

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