giovedì 3 luglio 2014

Day 3

Huy quanto mi costa trovare il tempo per i post. E non del tipo "non ho mai tempo, ma ho passato la giornata guardando venti puntate di Friends", ma del tipo "non ho tempo, se non è tesi è prosa, se non è prosa è poesia, se non è poesia è che a sto giro devo veramente lavare le lenzuola".

Dunque, oggi abbiamo lavorato sulla memoria emozionale (buon vecchio Stanislavskij, wink wink) e su come partire da un dettaglio scenico per arrivare a una scena catalizzatrice. 

dettaglio (e.g. un oggetto)
contesto (e.g. microambiente nel quale si trova un oggetto)
contesto del contesto (e.g. ambiente un po' più grande)
interazioni (e.g. suoni, rumori, conversazioni, persone che interagiscono nell'ambiente nel quale si trova l'oggetto)
scena

Abbiamo fatto due esercizi molto simili. Il primo era di partire da un oggetto legato alla nostra infanzia per descrivere una tipica scena a noi familiare. Io ho descritto un ciottolo a cui ero molto legata da piccola, ho parlato della ghiaia del mio cortile, del suono del pallone sulla ghiaia e sui portoni dei garage. Degli smadonnii della Mariuccia, della mamma di Stefano e Roby che sbotta in un glorioso "ma vaffanculo vecchia di merda", della macchina da cucire di mia mamma che ronza a intermittenza, poi si interrompe e mia mamma si affaccia alla porta. Zoom sui talloni screpolati e le ciabatte da spiaggia della mamma e fine.

Il secondo è stato un esercizio più complicato che ha fatto riaffiorare ricordi non particolarmente piacevoli, ma va be'. Più o meno la stessa cosa, ma dovevamo partire per forza descrivendo un paio di scarpe e poi concludendo con un minimo di finzione. Come un ricordo romanzato. Vorrei pubblicarlo, ma ha bisogno di parecchio editing e sinceramente è anche l'una meno cinque e la mia vicina cinese sta lavando i suoi cazzo di vestiti e io ho sonno. Quindi lo pubblico lo stesso senza editing, manco tant'è.

Le scarpette da ginnastica. Erano bianche, ora sono color fumo. Di tessuto sintetico, con la suola di gomma, bucherellata. Ce le ho su, anche se dovrebbero essere già nella borsa, insieme a un asciugamano, una bottiglia d'acqua e il body. La borsa è buttata in un angolo del bagno. Porta il logo della mia società, La Sampietrina. Guardo di nuovo le scarpette e le sento premere sui pollicioni. Non mi fanno male, ma non le trovo più comode come una volta. Mi saranno cresciuti i piedi. Alzo lo sguardo e mi accorgo che il rubinetto del bidet sta ancora gocciolando. Mi alzo dal water e mi infilo le mutandine. Do uno sguardo rassegnato al body, che galleggia nel bidet. E' bianco e blu, con le maniche lunghe. Sintetico ed elastico come le scarpette, ma con un odore diverso. Odora di gommapiuma, come la palestra nella quale mi alleno, e per quante volte mia mamma lo metta in lavatrice, quell'odore non ne vuole sapere. Uso il detergente intimo per cercare di togliere quella dannata macchia, e sento mia mamma salire le scale. Per un attimo, mi manca il respiro. La macchia è venuta via, ma il body è bagnato fradicio. Mia mamma bussa, impaziente. "Andiamo", dice. Mi viene da piangere, ma non devo fare rumore. Respiro. 
"Non ci vado alla gara, oggi" rispondo.

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