martedì 28 gennaio 2020

Le sorgenti Patatrac a Rotorua

Premetto che sto scrivendo dopo essermi ripresa da un minishock tipo due ore fa. Lo shock per il quale ero convinta di avere un giorno in più a Rotorua e di aver quasi dimenticato che domani prendo l'aereo per Wellington.

Non è la prima volta che miscalcolo l'itinerario di un viaggio, dato che già dal momento in cui metto piede nella zona franca dell'aeroporto i concetti di tempo e calendario vanno a farsi friggere e io vivo un po' alla giornata, avendo una vaga idea di dove dormo solo perché il mio telefono è decisamente più organizzato di me.

Che poi, non scherziamo, io in organizzazione faccio paura, è che poi una volta pianificato il tutto commetto il madornale errore di fidarmi della mia memoria che, confessiamolo, da cinque anni a questa parte ha cominciato a perdere colpi (comincio a credere che entro il 2030 mi sarò scordata nomi e volti dei miei famigliari, le nozioni fondamentali di linguistica, e come ci si lava i denti). Il mio foglio Excel con tutte le date, i nomi degli hotel, gli indirizzi, il budget (che è una barzelletta, perché si sa che io spendo sempre il triplo di quello che mi prefiggo), è lì, su Google Fogli. E allora perché non lo apro? Perché non controllo?

Perché sotto sotto mi diverto a fare figure di merda come quella di oggi con la proprietaria cinese del B&B.

Lei: -- Domani lascia pure la chiave quando te ne vai.
Io: -- Ma io me ne vado dopodomani.
Lei: -- Eh, no.

Controllo sul benedetto foglio di calcolo. Eh sì, me ne vado domani, ed è domani che devo riportare la macchina all'autonoleggio, nonché prendere il volo per Wellington. Pensa se la tizia non me lo diceva, che grasse risate.

Tutto sommato poteva succedere un disastro, e non è successo. L'unico minuscolo inconveniente è che io per domani avevo programmato di andare a vedere il villaggio maori di Te Puia e poi svaccarmi alle terme polinesiane. Poco male: la mattina comunque ce l'avevo libera, quindi villaggio maori, e alle terme ci vado stasera.

Fatto questo excursus sulle mie microdisavventure poteva-essere-una-catastrofe-e-invece-non-lo-è-stata, parliamo un po' di Rotorua.

Situata sulla cornice di un lago estremamente rotondo, estremamente fangoso ed estremamente vulcanico, Rotorua puzza. Ma da morire. Puzza da porta dell'inferno, o da uova dimenticate nel bagagliaio della macchina da settimana scorsa. Che Rotorua fosse la zona geotermale più attiva del paese lo sapevo, ma dai volantini te la vendono come questo paradiso di vasche sulfuree, geyser, fanghi miracolosi, etc. Nessuno che menziona le uova marce o la presenza del Maligno. Chissà come mai.

Guidando nel reticolo urbano di Rotorua, chiaramente disegnato per confondermi o per allenarmi al peggio, intuisco che c'è un motivo per cui i locali la chiamano anche Rotovegas. Non tanto per i casinò, ma per le attrazioni. Uno va a Ravenna e pensa a Mirabilandia. Va a Rivolta d'Adda e c'è il Parco della Preistoria. A Peschiera del Garda passa per forza da Caneva. 

Immaginate una città che fa settantacinquemila abitanti (come Cinisello Balsamo, per intenderci) che ha Mirabilandia, Gardaland, il Parco della Preistoria, Caneva, Greenland (r.i.p.), e ci siamo capiti.

Tutte queste attrazioni sono disparatissime. Da un lato, ci sono quelle a che fare con la postazione geotermale del distretto, che giace su ettari ed ettari di fonti di acqua sulfurea. Dall'altro, ci sono villaggi maori, dove i visitatori possono assistere a spettacoli culturali e banchetti a tema. E poi ci sono le attività più fuori di tutte: lo zorb, i percorsi sugli alberi, le zipline, etc. Rotorua è un immenso parco di divertimento, nonché un gran buco nero per il vostro portafogli.

Detto ciò, con questo non voglio dire che tante di queste attrazioni non meritino. Soltanto che la sovrabbondanza rende difficile la scelta, soprattutto per chi passa a Rotorua solo per un giorno e mezzo (e non due e mezzo, come credeva la sottoscritta…). 

Da qualche parte, però, bisogna iniziare. E io inizio sugli alberi.

C'è questa Redwoods Tree Walks che salta fuori in parecchie guide, su TripAdvisor e all'ufficio informazioni, dove hanno una gigantografia di famiglie che percorrono questi ponti sospesi tra gli alberi. Mi sembra figo, e mi sembra ancora più figo che ci sia la possibilità di fare questo percorso di sera, quando gli alberi sono illuminati da un percorso di luce pensato apposta da un ecoartista. 

Così ieri sera, ancora abbastanza stravolta da Hobbiton e dai due viaggi in macchina della giornata (Thames-Matamata, Hobbiton-Rotorua), mi convinco a dargli un'opportunità. 


Sarà che forse ero davvero stanca, sarà che mi aspettavo qualcosa di più dal punto di vista artistico, io quest'esperienza non la rifarei. O, perlomeno, la rifarei di giorno. L'aspetto più deludente (ripeto, ero molto stanca) era la presenza di bambini di tutte le nazionalità strillanti e maleducati, e genitori abbastanza indifferenti. Il percorso aveva tutte le carte per risultare un'esperienza magica. Le lucine verdi che fanno sembrare la foresta invasa da lucciole, le lanterne giganti, le felci illuminate… non erano male, affatto. Ma quei quaranta minuti sospesa tra i ponti, fatti dondolare pericolosamente dai bambini, non me li sono goduti molto. Peccato.



Sul posto, però, c'è un ufficio informazioni che sta aperto fino alle undici, per cui ne approfitto per farmi consigliare su cosa fare mentre resto in zona. I laghi, le terme, i parchi geotermici e i villaggi maori.

Check, check, check e check.

Stamattina ci si sveglia di buon'ora per andare a Wai-O-Tapu (acque sacre), un'area geotermale a sud di Rotorua (a mezzoretta di strada tra le foreste, sulla quale cosa succede? Mi arriva una pietruzza sparata che mi smacca il parabrezza E il finestrino anteriore. Molto bene). Prima di lasciare la città, faccio colazione da Ciabatta Bakery, che ha un'ottima reputazione per i giusti motivi. Bretzel, ciambelle, pane appena sfornato, peccati di gola per tutti i livelli del girone dantesco.


Wai-O-Tapu è un percorso tra pozze geotermali e caldere. A dire la verità, non ho mai visto niente di simile, non essendo mai stata in Islanda o Yellowstone (yet) o in zone simili. Ne rimango incantata. Mentre mi aggiro intorno a pozzi in cui ribolle petrolio grezzo, o cammino su ponti che attraversano laghi dalla tavolozza multicolore, non faccio che ripetermi "pazzesco". E non ne posso fare a meno, anche a Waipu e sulla Coastal Walkway il mio cervello reagiva così, semplicemente ripetendo "pazzesco" nella testa, come a dire che se uno si sofferma troppo a cercare di interpretare la bellezza (sorry not sorry), c'è da diventare pazzi. 





Il percorso dura un'oretta e mezza. Stranamente, lo finisco molto più presto, e mi rimane tempo per andare a vedere il geyser, che erutta ogni giorno alle 10.15. Siccome io sono la persona più ingenua di questa terra, mi avvio a vedere questo Lady Knox Geyser facendomi tutte le congetture più strane sul perché mai un getto d'acqua dovesse eruttare tutti i giorni alla stessa ora. Da cosa può dipendere una ricorrenza così precisa? D'altra parte, non riuscivo a pensare a nessun altro fenomeno naturale così ferreo, a parte forse i cicli lunari.


La ricorrenza è la seguente: il geyser non erutta, ma viene fatto eruttare. Si rompe un po' la magia, e un po' sorrido al mio raro e prezioso momento di ingenuità. La verità è che vorrei averne di più di questi momenti, perché poco importa se poi la gente pensa che io sia una boccalona: l'ingenuità è una delle poche lenti che ci permettono di vedere la magia, tolta quella, rimane solo la cara e vecchia Elena basata sull'evidenza. E sai che palle.

L'eruzione del geyser è un po' anticlimatica, rispetto alla bellezza del parco. In ogni caso, sono più che contenta di essere andata a Wai-O-Tapu, perché chissà quando mai avrò l'opportunità di vedere qualcosa di simile (con ogni probabilità, domani).



Sono partita da casa così presto che alle undici e mezza ero già in macchina chiedendomi che cosa volessi fare del resto della giornata. Dato che il mio album di ricordi, che sto pazientemente costruendo con i vari ephemera che raccolgo durante il cammino, si sente un po' trascurato, mi prendo le due ore più calde della giornata per fare i miei lavoretti alla biblioteca di Rotorua, che è una Signora Biblioteca. 


Dopodiché, mi avvio per il pranzo sulla Eat Street, e mi rimangono un paio di orette pomeridiane per fare un po' di esplorazione e giustificare il gelato che vorrò mangiarmi per cena stasera. Sotto consiglio delle tizie dell'infopoint di ieri sera, vado a fare il percorso che circonda il lago Tikitapu, conosciuto anche come Blue Lake. Il cielo si è annuvolato, per cui forse il blu del lago non è blu come dovrebbe essere, ma a dire la verità sono contenta, perché mi sono un po' stufata di scarpinare sotto il sole cocente. Il sole è bello per fare il bagno, ma per esplorare anche no.




Il Blue Lake non delude affatto, anzi mi fa sentire come se facessi parte dei locali, gli unici visitatori del posto. Qualcuno griglia, qualcuno fa scubadiving, oppure guida le moto d'acqua. C'è una generale atmosfera allegra da domenica pomeriggio al Lago di Como, per farci capire. Raggiungo anche la piattaforma da cui si vedono entrambi i laghi, Tikitapu (Blue Lake) e Rotokakai (Green Lake). 



Finalmente posso prendermi un gelato, per cui ritorno in centro alla ricerca di "Gelato Mio". Speravo in un posticino artigianale, e invece trovo un bancone da più di trenta gusti, e pareti decorate con gatti di ogni foggia, stile e colore. Arredamento discutibile a parte (avrei voluto lavarmi gli occhi!), il gelato SPACCA. Io ho scelto Baileys e sciroppo d'acero, ma tra gli altri gusti c'erano anche pumpkin pie, cappuccino, avocado, mince pie, etc. etc.

Sono quasi le sei e io sinceramente vorrei già andare a letto, ma quando arrivo al B&B si svolge il dialogo di cui sopra in cui mi rendo conto di avere un giorno in meno e di dover rifare i miei piani.

Oh no, questo vuol dire che mi tocca andare alle terme polineasiane. Che seccatura.

No, va beh, scherzo, ci vado anzi di buon umore, visto che i muscoli indolenziti ne beneficeranno, così come la mia testa, annuvolata, chissà per quale motivo, tanto quanto il cielo sopra di me.

Alle terme mi trovo catapultata in Cina. Altro che terme polinesiane. Non c'è un europeo, neozelandese, maori o occidentale, neanche a cercarlo. Sono circondata da famiglie, coppie e gruppi di amici, tutti cinesi, tutti che fanno un casino colossale. Cerco di trovare la tranquillità dentro, perché è lì che si trova la vera tranquillità, no, ma il casino è tale che è impossibile tirare un attimo il respiro. Man mano che il sorge si abbassa sull'orizzonte, però, man mano cominciano a dileguarsi i gruppi più casinari, e le terme si tranquillizzano.

Mi godo la vista sullo strano lago estremamente rotondo, estremamente fangoso ed estremamente vulcanico, circondata dal crepuscolo. Leggo un po'. Sguazzo nelle sorgenti di 39, 40, 41 gradi, aspettandomi di trasformarmi in un uomo o in un panda da un momento all'altro. 



Non mi trasformo e la sorgente, per fortuna, non è fonte di guai. Però esco da lì con la testa un po' più leggera.





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