giovedì 23 gennaio 2020

Ricaricarsi a Orewa

Come recita il titolo, a Orewa non ho fatto grandi pazzie, ma più che altro mi sono riposata dal gran movimento degli ultimi giorni. Quindi abbiamo pazienza se non ci sono colpi di scena, ma solo scene da tranquilla vita da sobborgo marittimo a un'ora da Auckland.

Ieri mattina, altra sveglia all'alba, così penso bene di improvvisare una sosta tra Waipu e la mia prossima destinazione, Orewa. Qua improvvisare non è difficile, basta guardare la mappa e scegliere un qualsiasi parco nazionale con la scritta in verde e in corsivo, così scelgo quello più vicino a me, Mangawhai Heads, che è un'altra bella spiaggia e baia, già piena di surfisti alle otto del mattino.




Una parentesi sui surfisti. Ma com'è che a noi in estate ci mandavano all'o-ra-to-rio fe-ria-le e ai bambini neozelandesi li mandano a scuola di surf? Ci sarà forse un collegamento sul progresso intellettivo di questi bambini e della società neozelandese in generale? Cibo per pensiero, cibo per pensiero.

Da Mangawhai a Orewa c'è meno di un'oretta, e appena arrivo in realtà mi fiondo nella stanza in affitto per SVACCARMI, lusso che ancora non ci era stato concesso. Non ho voglia di fare niente. Se avessi una play station, ci giocherei. La scusa è che è nuvoloso, ma forse ci sono un po' rimasta male dall'aspetto riminoso di Orewa, di cui ho solo visto la strada centrale, una roba piena di negozi e ristoranti che non mi aspettavo.

Così attendo, mi faccio un pisolo, riordino le mie cose nella valigia, che ha visto giorni migliori, e verso le quattro e mezza finalmente mi decido a iniziare la circospezione. Sono decisa ad andare in spiaggia, così per farmi un giorno, non tanto per bagnarmi perché non ho il costume (e ci sono le nuvole, ciccina). Ma sulla strada che porta in spiaggia vengo distratta dalla visione celestiale di un posto magico… la biblioteca!!


La biblioteca di Orewa è tenera. Ha proprio l'aspetto da branch library, e infatti appartiene al circuito di Auckland, con i suoi display un po' datati ma lo spirito comunitario per cui ogni bibliotecario conosce tutti gli utenti per nome e cognome, a eccezione della sottoscritta.

Con un po' di faccia da culo, mi procuro delle credenziali di accesso ai servizi online della biblioteca: ufficialmente sono un membro di Auckland Libraries! Oh yeah. Posso ascoltarmi gli audiolibri, finalmente, visto che noi a Norfolk Libraries non abbiamo i soldi per comprare le licenze degli audiolibri.

Sto in biblioteca a leggere libri di poeti locali giusto per una mezzoretta perché poi chiude, ma mi riprometto di ritornare il giorno dopo. Ho un quaderno vuoto che sto tenendo da parte per raccogliere tutti i materiali del mio viaggio e un paio d'ore di crafting contemplativo non me le toglie nessuno.

Prima però, dobbiamo vedere questa benedetta spiaggia. Che dire. Non esattamente una ciofeca, ma dato che gli standard qua sono altissimi, direi che Orewa si difende abbastanza dignitosamente, con il suo litorale chilometrico, i cavalloni, i surfisti, e un lungomare attrezzatissimo.



A cena mi fermo in una tasca spagnola, dove si piangono lacrime di commozione per la qualità del cibo e l'abbinamento fusion di sapori sulla carta improbabili ma sorprendenti al palato. 

La sera rompo il tacito accordo per cui sarei stata lontana dagli schermi e approfitto del megatv che ho in camera per aggiornarmi sulla televisione kiwi. Per pura coincidenza, becco un titolo che non mi è nuovo, era in programma a Auckland nel festival Movies in the Park ma io non ci sarei stata per vederlo. Guardiamoci questo film kiwi, allora.

Oh, a me è piaciuto. Mi sono persa dei pezzi perché l'accento era davvero forte, ma il senso generale è che il sangue è più denso dell'acqua, come dicono gli inglesi. Discutibile, eh.

Come in preda a un incantesimo per cui improvvisamente la mia costanza viene premiata da sveglia quotidiana alle cinque e mezza, colgo l'occasione stamattina e guido un po' fuori da Orewa, fino al parco nazionale (un altro! e domani, guess what?) Wenderholm. 

E durante il tragitto indovina cosa becco? IL PALLINO ROSSO A FILO ORIZZONTE


Eh, sì, non potevo resistere, tant'è che ho tirato fuori pure la Polaroid (che poi la foto è venuta tutta scura, ma si era capito che noi due non ci intendiamo granché). 

A Wenderhom seguo il percorso tracciato di due ore, giusto in tempo per salire sulla scogliera, fare qualche foto, scendere, fare colazione di fronte al sole che sbriluccica sul mare. Il sentiero sembra conoscermi e mi offre suggerimenti motivazionali mentre riprendo il fiato.



Ogni tanto, su in cima, mi ripeto pazzesco a ogni belvedere e ogni paesaggio. Pazzesco, perché sospetto che essere esposti a tutta 'sta bellezza continuamente può solo portare alla pazzia.






Torno a Orewa in tempo per l'apertura della biblioteca alle nove e mezza.

Gliel'avevo promesso alle bibliotecarie, per cui mi presento con tutto il mio ambaradan di forbici, colla, brochure, pennarelli, etc. Per due ore, non mi si può disturbare. Sto creando.

Sarei tornata dallo spagnolo a mangiare ma apriva solo la sera, per cui a pranzo sono dal greco. Seriamente, ma com'è che nessuna guida menziona quanto sono bravi in cucina gli neozelandesi (anche se non solo tali)? Touch wood, ma non ho mangiato male mezza volta.

Passo il resto della giornata in spiaggia. Faccio pure il bagno, perché sarebbe assurdo non farlo. 




Tornata al B&B, faccio amicizia con uno dei coinquilini permanenti, e chiacchieriamo sulle prossime tappe.

Orewa così. Onestamente non pretenziosa, eppure servita al suo scopo. Poesie, buon cibo, arte, qualche camminata, e bella compagnia.

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